Alcuni commenti ai sutra del secondo pada…

Nel Sadhana Pada, vengono descritte le pratiche da intraprendere nel proprio percorso per avvicinarsi al samadhi. Un capitolo dedicato al cammino ed indirizzato, secondo alcuni commentatori, a coloro che agli inizi hanno un mentale instabile e che hanno la necessità di portare un cambiamento nella loro mente, solo attraverso il kriya yoga lo stato di citta vrtti nirodha diventa uno stato di coscienza che porta alla stabilità ed alla libertà dell’individuo.

 Tapah-svadhyaya-ishvarapranidhani kriya yoga

“Lo yoga dell’azione si pratica secondo tre modalità inseparabili; uno sforzo sostenuto, la conoscenza interiore di sé e l’abbandono al Signore” (II, 1)

 Tapas deriva dalla radice ‘Tap’, che vuol dire calore interno, interesse per il cammino e si ricollega al concetto di abhyasa presente nel primo pada. La disciplina e la volontà aiutano ad avvicinarsi a sé stessi intraprendendo un percorso di interiorizzazione, partendo proprio dall’aspetto più grossolano, il corpo. Con il tempo il particolare rapporto con il corpo non si limiterà soltanto alla pratica sul tappetino, bensì potrà essere esercitato in ogni momento della giornata. Essere presenti in quello che si compie e non far prevalere l’abitudine è il primo passo per andare verso un’evoluzione di sé, ma alla base di tutto ci deve essere la naturale volontà di cambiare senza “dar forza” alla volontà stessa ed al risultato da ottenere.

Svadhyaya è lo studio dei testi sacri che può aiutare il sadhaka a riflettere su se stesso arricchendo il percorso intrapreso, non solo mettendosi in sintonia con i testi ma anche avvicinandosi a se stesso per conoscersi, accettando le proprie qualità e debolezze.

Ishvara Pranidhana: abbandono e momento di gratitudine. Può essere ricollegato a vairagya, liberi dal desiderio, perché per raggiungere tale stato l’ego, o raga, deve essere annullato.

Questi tre aspetti sono indissociabili ed anche il loro ordine è importante, perché rappresentano l’evoluzione nella pratica e nell’individuo. Quindi con questi tre elementi si costruiscono le fondamenta per procedere nel percorso intrapreso: praticando si acquisterà una maggiore chiarezza mentale e l’attenuazione delle vrtti.

 Samadhi bhavanarthah klesha tanukaranarthasca

“Attraverso il Kriya Yoga si realizza la riduzione delle sorgenti delle afflizioni, i Klesha” (II, 2)

 Samadhi è l’assorbimento di sé, che conduce ad una comprensione profonda.

Bhavana è la manifestazione di questo stato mentale verso cui ci stiamo avvicinando.

I klesha possono essere considerate come delle strutture interne che condizionano i comportamenti dell’individuo andando a modificarne lo stato mentale. Possiamo, quindi, definirli come dei veri e propri inquinanti che inficiano l’equilibrio interno ed esterno, e che sono la causa della sofferenza psicologica di ognuno di noi.

Attraverso un percorso di ricerca spirituale si può prendere coscienza di queste problematiche al fine di avviare una pratica di purificazione che parte dal corpo per arrivare alla mente.

La sofferenza di tipo psicologico condiziona il presente o il futuro attraverso il passato. I klesha fanno parte proprio di questo discorso e attraverso la pratica yoga possiamo renderci conto e capire come affrontare tutti i blocchi che si sono venuti a creare negli anni, sia a livello mentale che fisico.

 Avidya asmita raga dvesha abhineveshah klesha

“Le cause della sofferenza sono la cecità, (ignoranza) il sentimento dell’ego, il desiderio di prendere, l’avversione ad accettare, l’attaccamento alla vita” (II, 3)

 Avidya è la sorgente di afflizione più grande dalla quale derivano tutte le altre. Con questo termine si identifica l’incapacità di percepire correttamente la realtà per via di una percezione errata o limitata che impedisce di cogliere al di là dell’apparenza la vera natura del Sè. A causa di avidya ci si ferma all’apparenza delle cose senza vederne la loro molteplicità e variabilità.

Asmita è l’orgoglio, l’ego: due caratteristiche che portano l’individuo in difficoltà per via della visione “artefatta” del proprio sé rispetto alla sua vera natura.

Raga è il desiderio, l’attaccamento. In questo caso la volontà dell’individuo è tutta proiettata a ripetere esperienze passate che hanno lasciato un buon ricordo, sia a livello sensoriale che a livello mentale o a conservare, a volte, uno stato di benessere.

Abhinivesha è l’ultima sorgente d’afflizione e si riferisce alla paura della morte. Lo yoga ci può aiutare ad andare incontro a questa paura riducendo asmita, l’ego, e facendoci percepire che noi non siamo fatti solo di un corpo fisico perchè identificandoci solo in questo aspetto si porta ad un accrescimento di questo klesha.

Per diminuire le vrtti bisogna lavorare sui klesha, che sono la causa principale dello squilibrio dell’individuo. Se li analizziamo attentamente, e come se fossimo degli spettatori, potremmo identificarli in ognuno di noi valutando anche quanto questi hanno contribuito sulle decisioni della nostra vita; partendo dalla qualità nella pratica potremmo lavorare sul loro assottigliamento.

Lascia un commento