Concetti di pranayama

Satyananda dice che il pranayama non dovrebbe essere considerato un semplice esercizio di respirazione per introdurre più aria nei polmoni, bensì una metodologia che utilizza la respirazione per influenzare il flusso di prana nelle nadi. Per tale motivazione e’ importante non limitarsi alla semplice traduzione della parola prana+yama,  che si riduce a controllo del respiro, ma analizzare la composizione della parola nell’ etimologia piu’ ampia prana+ayama.

La parola ayama vuol dire espansione, lunghezza, ritenzione e controllo del respiro.  Van Lysebeth afferma che durante la sua vita l’essere vivente manipola prana senza effettuare alcuna pratica di pranayama e lo scopo dello yoga e’ quello su intensificare e controllare consciamente il prana. Inoltre aggiunge che i principali punti d’assorbimento di prana sono:

1. Le terminazioni delle fosse nasali: attraverso questo organo il passaggio di prana e’ strettamente sorvegliato dai recettori nervosi posti nelle conche turbinate.

2. Gli alveoli polmonari

3. La lingua: attraverso questo organo possiamo gustare il cibo che stiamo ingerendo. Gli yogi associano il gusto alla presenza di prana nel cibo ed e’ per questo che mangiano con estrema calma! Una volta esaurito il gusto e terminata la masticazione il cibo e’ pronto per essere digerito,  le quantità’ di prana assorbito dallo stomaco e dall’intestino sono ridotte per quanto suddetto.

4. La pelle: Attraverso i pori rigettiamo tossine e assorbiamo il prana.  L’esposizione al sole, oltre per avere una bella tintarella, e’ importante per l’assorbimento del prana solare.

Satyananda afferma che la maggior parte degli esseri umani respira in maniera scorretta assumendo una respirazione superficiale e priva, quindi di ossigeno e prana. Per tale motivazione ho ritenuto importante in questo ambito introdurre anche i quattro aspetti importanti della respirazione utilizzati nel pranayama:

– Puraka o Rechaka (inspiro o espiro)

– Antar kumbaka o Bahir kumbaka (ritenzione interna o esterna del respiro)

L’Hatha Yoga Pradipika dice:

Il pranayama è conosciuto come triplice: composto da rechaka, puraka e kumbhaka. Il kumbhaka è considerato duplice, suddiviso in sahita e kevala.” (II, 71)

G. Blitz nel suo libro ‘Il Filo dello Yoga’ dice:

Vi e’ in entrambe in asana e pranayama la posizione del corpo l’uso della respirazione e l’importanza dell’attitudine mentale

E poi aggiunge:

Pranayama prepara lo stato di meditazione allora osservate asana come prepara pranayama, pranayama conduce alla meditazione”

L’Hatha yoga ed il Raja yoga in questo incontrano la loro visione  relativamente al fatto che la mente dirige il prana nel corpo in due modi di localizzazione: quella percepita attraverso l’osservazione del movimento del prana negli spazi interni, oppure, quella fisiologica nella quale si parla esclusivamente dell’osservazione delle parti interessate all’atto respiratorio. Sri Ramana Marashi a tal proposito dice:

….il respiro, la forza vitale, il corpo fisico e la mente non sono altro che forme di prana.

Sostanzialmente si possono armonizzare il sistema nervoso volontario e quello autonomo inconscio attraverso l’osservazione del respiro al fine di preparare il praticante ad una interiorizzazione oppure, semplicemente, per diventare consapevoli della meccanica respiratoria e della localizzazione fisiologica del respiro. Tutto questo e’ possibile se la mente volge lo sguardo verso l’interno e non siamo più’ distratti dalle cose che accadono al di fuori di noi.

Io nel mio percorso formativo ho avuto modo di avvicinarsi a delle pratiche specifiche che hanno messo l’accento sul prana che si muove nel corpo, ovviamente la pratica costante e’ l’unica cosa che ci rende “padroni dinnoi stessi” 🙂

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