Kapalabhati

L’etimologia della parola è composta da Kapala che vuol dire cranio e Bhati che vuol dire far brillare, quindi, kapalabhati letteralmente vuol dire pulizia del cranio. Con la parola cranio vengono identificate le narici e tutti i passaggi d’aria che la pratica pulisce, se noi facciamo attenzione agli effetti durante e dopo averla eseguita riusciremo a percepire una sensazione di freschezza tra le sopracciglia, oltre ad una leggerezza del capo.

Ci tengo a precisare che i testi classici come l’Hatha Yoga Pradipika e la Gheranda Samhita classificano questa pratica come uno Shat Kriya. Io mi trovo d’accordo con A. Van Lysebeth nel dire che per la sua importanza nella pratica quotidiana va considerato un pranayama. Ci sono tantissime varianti di esecuzione che vengono indicate nei vari testi, in questa prima parte mi sono attenuta a quanto indicato da A. Van Lysebeth, il quale è frutto della sua esperienza nel Kuvalyadhama di Lonavla.

L’esecuzione richiede la colonna vertebrale eretta e la testa in linea, in kapalabhati l’espirazione è brusca ed attiva mentre l’inspirazione è passiva. Il torace deve essere immobile durante tutto l’esercizio ma le costole devono assumere la capienza  dell’inspirazione. L’addome è il fulcro dell’esercizio perchè il lavoro è puramente diaframmatico, i muscoli posti sotto l’ombelico sono quelli strettamente legati all’esecuzione della pratica. Nella fase espiratoria bisogna contrarre con forza i muscoli della cintura addominale per poi rilassarli, facendo sporgere in avanti la muscolatura, non appena si è esplulsa tutta l’aria; è in questo passaggio che l’aria entra passivamente nei polmoni. L’esecuzione di kapalabhati consiste nell’eseguire l’espiro attivo e l’inspiro passivo coinvolgendo solo la parte bassa dell’addome, scontato dire che la spinta verso l’alto dell’espiro fa un pò gonfiare i muscoli posti alla base del collo. La qualità dell’esecuzione non dipende dalla velocità con la quale viene eseguito kapalabhati bensì dalla potenza dell’espiro. Possiamo dirigere il getto d’aria in due modalità:

– proiettandolo nelle narici: il rumore prodotto è simile a quello di quando si soffia il naso

– proiettandolo nella gola: mantenendo un ujjayi delicato possiamo sentire il fluire dell’aria nella glottide

Nella prima modalità abbiamo più uno Shat Kryia, mentre nella seconda abbiamo un pranayama. Gli effetti di kapalabhati sono legati alla totale pulizia dei polmoni grazie alle forti espirazioni, inoltre c’è un massaggio per la peristalsi intestinale.

Iyengar dice che kapalabhati è una forma più leggera di Bastrika. I benefici quindi sono simili per ambedue i pranayama e resta immutata la capacità di drenare i seni nasali e di avvertire una sensazione rigenerante in tutto il corpo per via del prana che viene distribuito.

Satyananda nel suo libro fa la distinzione tra kapalabhati pranayama e kapalabhati volto alla pulizia della parte frontale del viso. Nel primo caso le modalità di esecuzione con ambedue le narici non si distanziano molto da quanto già detto, c’è però un grande arricchimento sulla esecuzione a narici alternate oppure con l’uso dei kumbaka (antar e/o bahir).

Le persone che soffrono:

–  di ipertensione

– di disturbi agli occhi ed alle orecchie

– di epilessia

 non dovrebbero eseguire questo pranayama, oppure dovrebbero eseguirle con cautela e con ripetizioni brevi. Inoltre non è consigliata la sua esecuzione durante la gravidanza.

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