Il respiro e le sospensioni

Ogni respiro manifesta la sua corrispondenza tra i cicli microcosmici e macrocosmici.

Relativamente al microcosmo l’inspiro si manifesta come un’onda in crescita e l’espiro come un abbandono, proprio perchè si è raggiunto il culmine della pienezza. Tra queste due fasi c’è una pausa che, se avviene naturalmente, è impercettibile per noi ma che il nostro corpo percepisce facendone tesoro. Abbiamo avuto modo di osservare più volte come il nostro stato d’animo si riflette sul nostro respiro e sui nostri ritmi e, quindi, possiamo renderci conto come in momenti “estremi” tutte la fasi vengono alterate.  Per fare un esempio una persona che prova stupore avverte una pausa più lunga dopo l’inspiro (a pieno), contrariamente ad una persona appagata che avverte la pausa dopo l’espiro (a vuoto) più presente.

Se ci soffermiamo a pensare nel macrocosmo non c’è molta differenza perchè la vita si manifesta con il passare delle stagioni, del giorno e della notte e ad ogni ciclo corrisponde un momento di riposo.

Per questa motivazione ho inserito la frase iniziale, ci dimentichiamo molto spesso del fatto che facciamo parte di un grande mondo e che ogni nostra azione si ripercuote, oltre che su di noi, anche su chi è intorno a noi.

Nello yoga le pause respiratorie sono utilizzate al fine di ottenere vari effetti, ovviamente in questi casi c’è una volontà del praticante che esula da quanto dettato dalla fisiologia umana. Trattandosi di riposi più prolungati è il caso di parlare di sospensioni o kumbhaka, parola composta da kumbha+ka che vuol dire fare il vaso.

Tra i vari tipi di kumbhaka indicati nella Gheranda Samita (cap.V, 46-47 e 55-56) possiamo dire che:

– Sahita è kumbaka che scaturisce tra le due fasi respiratorie. Al suo interno c’è un’ulteriore distinzione da effettuare:

Antara kumbhaka (a polmoni pieni)

Bahira kumbhaka (a polmoni vuoti)

Kevala è il kumbhaka che non ha relazioni tra le due fasi respiratorie e che nasce spontaneamente, così come indica Patanjali nei suoi Yoga Sutra (II, 49).

Nella sospensione noi usciamo dagli schemi abitudinari ed abbiamo la capacità di osservarci più approfonditamente, ci dedichiamo un tempo nel quale tutto è fermo ed e’ questa staticità che porta ad attivare l’aspetto sottile. La tecnica e la costanza sono fondamentali per accrescere la nostra sensibilità..

Di seguito un esempio di pratica che richiama i kumbhaka di cui fino ad ora si é parlato!

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